martedì 23 giugno 2015

FORSE SOFRI NON SA...


Tra gli esperti chiamati dal ministro della Giustizia Andrea Orlando come consulenti per riformare il sistema penitenziario italiano c’è Adriano Sofri. L’ex leader di Lotta Continua condannato in via definitiva a 22 anni di carcere quale mandante dell’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi nel 1972, sarà il responsabile di istruzione e cultura. Due giorni prima di Natale 1997 Sofri, allora detenuto, aveva scritto un polemico articolo contro i Direttori degli Istituti penitenziari che scioperavano. Il Corriere Adriatico aveva ospitato in pagina nazionale questo mio intervento.
Corriere Adriatico, 24.12.1997

 
Aldo Maturo

Le affermazioni ed i commenti gratuiti del detenuto Adriano Sofri, riportate sulla prima pagina de “La Repubblica”, martedi 23 dicembre, a proposito dello sciopero indetto dal Sindacato dei Direttori degli Istituti Penitenziari per la vigilia di Natale, assumono un significato ancora più grave perché provengono da una persona che il carcere dovrebbe conoscerlo e che riesce, da detenuto ancora più che da libero, ad avere tutto lo spazio necessario sui giornali e in tv.

Bisogna prendere atto che in questa nostra Italia, dal clima sempre più sudamericano, trova spazio solo quello che è funzionale ad una certa ragione politica o ad una ben identificata e corteggiata intellighentia di regime. Le Repubbliche passano ma il sistema resta invariato. E la possibilità di poter parlare è inversamente proporzionale al rispetto che si ha o che si è avuto della legge.
Forse nessuno ha spiegato a Sofri, o forse lo hanno fatto ma è più demagogico far finta di non saperlo, che la lotta dei Direttori non è “per qualche dollaro in più”, ma è proprio per assicurare a questo Paese un carcere migliore. 
Forse Sofri non sa che la volontà politica di burocratizzare i Direttori, svilendone fantozzianamente il ruolo, serve solo a “normalizzare” il carcere, a valorizzarne altri connotati, dal sapore meno trattamentale e molto più repressivo. 
Forse Sofri non sa che rimettere in discussione il ruolo dei Direttori – come questo nostro illuminato Governo sta facendo – significa strappare loro di mano la possibilità di una gestione più aperta del carcere, cui tutti i Direttori tendono, lottando e scontrandosi ogni giorno contro ogni genere di difficoltà finanziaria, gestionale, sanitaria e relazionale, per assicurare nel carcere le regole minime di convivenza e di rispetto della dignità umana.
Forse Sofri (che si interessa di carceri solo da poco e solo perché direttamente interessato) non sa, o fa finta di non sapere, che la politica penitenziaria da anni segue un andamento a corrente alternata e cade sulle spalle solo dei Direttori, unici garanti di una gestione che tenta di gestire l’impossibile senza seguire le isterie e le faziosità del momento.
Forse Sofri non sa, ma questo dovrebbe saperlo, che il bilancio della giustizia in Italia è uno dei più bassi d’Europa e in questi spazi i fondi che pervengono alle direzioni sono sempre più ridotti ed irrazionalmente insufficienti. Ed i Direttori, in un clima da 8 settembre, devono nonostante tutto assicurare il funzionamento delle strutture.
Forse Sofri non sa, ma anche questo dovrebbe sapere, che le responsabilità delle carenze del carcerario non vanno ricercate sui Direttori e che le loro continue segnalazioni, se pur non trovano l’onore della stampa, sono continue, giornaliere ed altrettanto frequentemente disattese.
Sono tante le cose che Sofri non sa o non vuol sapere.
Se dovesse essere trasferito nel mio istituto ne potremmo riparlare. Anche in un giorno di Natale, in carcere, come ne ho trascorsi tanti in 23 anni di servizio. Rubando per anni il Natale ai miei cari ed ai miei figli. E loro non hanno nulla da farsi perdonare.
Faccia un buon Natale e, spero, meno amaro del mio.
(Corriere Adriatico, 24 dicembre 1997, pagina 4 nazionale)