sabato 30 maggio 2015

IL COLORE DELLA PELLE


Aldo Maturo

Questa è una storia senza tempo, nata in un borgo marinaro senza confini, con un grappolo di casette imbiancate dal sole calamitate miracolosamente sulle pendici del monte a picco sul mare, intorno alla vecchia torre municipale con l’orologio fermo da sempre.
 Quel giorno di primavera uno sciame di turisti, a metà mattino, scende dal traghetto e invade le strade strette e assolate  del borgo.

martedì 26 maggio 2015

UNA DONNA DEL SUD NON DOVREBBE LAVORARE

La cruda testimonianza di una giovane donna del Sud emigrata a Milano. Licenziata, prova a vivere facendo la cameriera per un anno, ma alla fine è costretta a tornare dai genitori. Loro pensano che essendo donna non si deve preoccupare di lavorare ma cercare un uomo delle sue parti e sposarsi. In paese qualche vecchia amica la chiama con disprezzo “la milanese”, qualche uomo, alle spalle, “la puttana di Milano”. E’ rassegnata, perché una donna del Sud non dovrebbe lavorare."Non sono più triste, neanche felice, semplicemente ho perso."

 

 

Testimonianza di Francesca – 

 

 

“A 29 anni ho perso il lavoro, dopo 3 anni in un ufficio a Milano, per tagli al personale. Guardando indietro capisco che probabilmente quello era il momento peggiore per trovare un impiego nel mio settore, ma nonostante la paura ero fiduciosa, pensavo che qualcosa sarebbe venuto fuori. Non mi sono persa d’animo. La crisi può essere una grande occasione per rivoluzionare la propria vita.

domenica 24 maggio 2015

QUANDO I COMIZI SI FACEVANO DAL BALCONE





Quando le campagne elettorali si facevano in piazza, quando le auto del partito giravano con gli altoparlanti (ricoperte di manifesti) per attirare la gente, quando i comizi si facevano solo dai balconi, quando i candidati scendevano tra la gente, quando la politica aveva un gusto di genuina paesanità, quando la TV non c’era, quando ancora era vivo il contatto umano con chi prometteva un futuro migliore. Quando queste cose succedevano al mio paese, Telese Terme, ma ci si possono ritrovare le tradizioni elettorali di quegli anni in cui l'Italia scopriva la democrazia.





 
Aldo Maturo


La campagna elettorale accendeva gli animi, animava i bar, rappresentava l’appuntamento del massimo risveglio per un paese che nei mesi primaverili o autunnali era solito sonnecchiare. Le elezioni amministrative erano più seguite delle politiche perché si assisteva alle discese in campo più imprevedibili. Accanto ai capi, ci si poteva trovare l’amico, il vicino di casa, l’outsider, il compromesso, il corrotto, il politicante, la banderuola, il porta voti, l’aspirante a un posto di vice aiuto bidello, il grande elettore col pacchetto di voti in offerta, il manovratore occulto, l’esperto nell’arte del “galleggiare” con due salvagenti. A fermarsi in tempo, nel setaccio poteva restare anche qualche purista disinteressato e qualche attivista convinto.

sabato 23 maggio 2015

FALCONE : UNA STRAGE COME IN LIBANO



A 23 anni dalla strage si rivive il ricordo di quei terribili attimi nel servizio che Attilio Bolzoni fece su “Repubblica” del 24.5.1992, il giorno dopo. E’ una ricostruzione fedele di quelle ore che si legge tutta d’un fiato, la cronaca della morte annunciata di un italiano troppo diverso e troppo solo per avere un’altra sorte. Gliel'avevano giurata: ''Morirai, lo sai che prima o poi morirai...''.  Lui lo sapeva. Ma ridendo, con quella sua faccia che alcune volte lo rendeva antipatico anche gli amici che gli volevano bene, lui rispondeva: ''Per me la vita vale come il bottone di questa giacca, io sono un siciliano, un siciliano vero''.
La Croma di Falcone
Uno dei più belli articoli di  Attilio Bolzoni
Tratto da Repubblica del 24.5.1992

 
“E' morto, è morto nella sua Palermo, è morto fra le lamiere di un'auto blindata, è morto dentro il tritolo che apre la terra, è morto insieme ai compagni che per dieci anni l'avevano tenuto in vita coi mitra in mano. E' morto con sua moglie Francesca. E' morto, Giovanni Falcone è morto. Ucciso dalla mafia siciliana alle 17,58 del 23 maggio del 1992.
La più infame delle stragi si consuma in cento metri di autostrada che portano all'inferno. Dove mille chili di tritolo sventrano l'asfalto e scagliano in aria uomini, alberi, macchine. C'è un boato enorme, sembra un tuono, sembra un vulcano che scarica la sua rabbia.

martedì 19 maggio 2015

LETTERA APERTA A UN CANDIDATO DI TELESE TERME




Cinque anni fa ho scritto questa lettera aperta a un virtuale candidato al Consiglio Comunale di Telese Terme, graziosa cittadina termale in provincia di Benevento. Fra pochi giorni in quel centro ci sarà di nuovo il responso delle urne. Ho ricercato in archivio quella lettera e mi permetto di riproporla con umiltà ai candidati di oggi, sperando che sia valutata con la serenità dovuta ad un telesino, lontano perché emigrato, ma presente perché affettivamente ancora legato ai luoghi di origine. Mi ha emozionato rileggere anche il commento del mio carissimo amico Sandro, che ci ha lasciato prematuramente.


Telese Terme
 
Aldo Maturo 
 


Egregio amico, un Tribunale ha definito il paese in cui vivi un “degradato contesto socio ambientale” e ti assicuro che l’espressione mi ha sconvolto sia perché lì ho ancora molti affetti sia perché la Telese che avevo lasciato collezionava ben altri giudizi.

sabato 16 maggio 2015

CARCERE : SI, NO, FORSE, PERO'

Aldo Maturo

Viene il dubbio che la riforma sia stata fatta per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri nella maniera più semplice: evitiamo il sovraffollamento limitando le possibilità di andare in carcere. Al sistema delle “porte girevoli” (si entrava in carcere e, in molti casi, dopo massimo 5 giorni si poteva essere rimessi in libertà) è subentrato il sistema delle “porte chiuse”. Tecnicamente si dice deflazionare i carichi di giustizia. In che modo? Escludendo la punibilità di un bel numero di reati, quelli più ricorrenti, quelli che nell’ambiente dei tribunali si chiamano “bagatellari”. Chissà se le vittime di tali reati (i più frequenti) condividono tale giudizio.

mercoledì 6 maggio 2015

UNA SINGOLARE FRONTIERA DEL MIO PAESE



"Le frontiere sono un’esigenza psichica ineliminabile, regolano la paura dello scambio, rassicurano e,  allo stesso tempo, pongono le premesse per essere violate. Mi gusto il sapore provocatorio di questo pensiero da un piccolo paese del sud: in epoca di globalizzazione, se vogliamo veramente favorire gli scambi, bisogna consolidare l’importanza delle frontiere."



Filomena Rita Di Mezza

Filomena Rita di Mezza - psicoterapeuta



L’anima di un paese traccia geografie singolari, trasforma una mappa in territorio, ne svela ricchezze delicate…
Da diversi anni, nell’ andare e tornare dallo studio, attraverso una  singolare frontiera,  vigilata con zelo da un uomo di circa trent’anni, dall’aspetto e dalla sostanza di un bambinone. 
La sua postazione è  dietro la grata del cortile, in piedi, oppure seduto sulla panchina antistante l’abitazione. Col tempo, il rituale di passaggio si é caratterizzato in questo modo: d’estate, spostandomi  in bicicletta, ci scambiamo sei rapide battute, “ dove vai?” “ allo studio” e “dov’ è”? “ più avanti” “ ciao” “ ciao”.  


martedì 5 maggio 2015

EXPO E SCIP: PROVE INTERNAZIONALI DI SICUREZZA


Tutto l'apparato di  sicurezza  è stata affidato  allo SCIP (Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia), una struttura interforze creata nel 2000 incardinata nella Criminalpol, con una sala operativa in contatto 24 ore su 24 con tutti gli apparti di sicurezza del mondo. Impegnata anche la Polizia Penitenziaria.

 Ricerca a cura di Aldo Maturo

 
Un’area di un milione di metri quadrati, recintata con reti alte 3,15 metri sormontate da filo spinato, dove – tra migliaia e migliaia di visitatori - si muovono altre migliaia di uomini in divisa, oltre mille per ogni turno, spesso in maniera invisibile. Una sala operativa supertecnologica di 100 mq. (alloggiata nella vicina Fiera di Rho) dotata di Lte (Long Term Evolution) per la visione delle immagini pervenute da 4000 telecamere solo per l’Expo e da altre 2000 posizionate in città e in tutte le stazioni metropolitane che tengono sotto controllo altri 490 obiettivi sensibili. 

DA GRANDE VOGLIO FARE IL BLACK BLOC


È una sensazione eccitante: accendi un fumogeno, ti cambi d’abito nella nuvola di gas, metti a ferro e a fuoco la città, e sfili indisturbato fra due ali di folla, di polizia, di cameramen e di fotografi professionisti e dilettanti: nessuno ti tocca, neppure una pieghina sulla tuta, bello lindo e liscio come l’olio. Meglio di Mosè tra le acque del Mar Rosso.

 da Il Fatto Quotidiano - 3 maggio 2015
Marco Travaglio


Salve, sono un black bloc. Vengo da fuori, ma non vi dico da dove, tanto lo sapete benissimo (mi riferisco all’intelligence italiana, che è sempre molto intelligente). 
E niente, vorrei parlarvi un po’ del mio lavoro, che mi dà tante soddisfazioni, soprattutto in Italia. 
È un bell’impiego, non c’è che dire, specie con questi chiari di luna. Ben pagato, anche. Io peraltro sono una vocazione precoce: sognavo di spaccare tutto fin da piccolo.